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Affitti brevi in condominio: diritti, limiti legali e buone pratiche

Tabella dei Contenuti

Affitti brevi in condominio

Il fenomeno degli affitti brevi sta mettendo alla prova la vita condominiale in molti stabili italiani. Proprietari e property manager si trovano a dover conciliare le esigenze del business con la quiete e i diritti dei vicini di casa.

Gli affitti brevi in condominio  sono sempre più diffusi.

Tuttavia, quando l’appartamento affittato si trova in un condominio, possono sorgere questioni delicate di convivenza: i condomini spesso si preoccupano per il continuo via vai di estranei, possibili rumori notturni, uso intensivo di ascensori e spazi comuni, o problemi come l’errato conferimento dei rifiuti. Ne nascono conflitti dove si contrappongono i diritti del proprietario – libero di disporre del proprio immobile – e gli interessi degli altri condomini, legittimamente attenti alla tranquillità e al decoro del proprio stabile. In questo articolo, rivolto ai property manager professionisti, approfondiremo i diritti e i limiti legali degli affitti brevi in ambito condominiale (con focus sull’Italia), il ruolo del regolamento condominiale, cosa possono o non possono fare i vicini e l’amministratore, alcuni casi giurisprudenziali rilevanti, e infine le buone pratiche da adottare per evitare conflitti e garantire una convivenza serena.

Affitti brevi in condominio: diritti e limiti legali 

In Italia, il proprietario di un’unità immobiliare è libero di affittarla senza dover chiedere il consenso preventivo al condominio. Questa libertà vale sia per le locazioni tradizionali di lungo periodo (come i contratti 4+4, 3+2 o transitori) sia – entro certi limiti – per le locazioni brevi a fini turistici.

Le locazioni brevi sono in genere definite come affitti di durata inferiore a 30 giorni, e sono state oggetto di normative fiscali specifiche (es. la cedolare secca al 21% introdotta nel 2017) e di pubblica sicurezza, puoi visionare tutto il regolamento del 2025 nel nostro articolo dedicato.

Ad esempio, il TULPS (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza) all’art. 109 impone al locatore di registrare i dati anagrafici degli ospiti e comunicarli alle autorità di Pubblica Sicurezza entro 24 ore, ne abbiamo parlato in un recente articolo per la sentenza del TAR del Lazio che ha fornito un’interpretazione più precisa all’intero articolo.

È importante sottolineare che affittare un appartamento per brevi periodi non comporta di per sé un cambio di destinazione d’uso dell’immobile: la Cassazione ha infatti chiarito che la locazione breve di una stanza o di un appartamento mantiene la natura residenziale dell’unità immobiliare.

In altri termini, usare l’immobile come “casa vacanze” non lo trasforma automaticamente in una struttura ricettiva commerciale, finché ci si limita a fornire alloggio e utenze senza erogare servizi tipici di hotel o B&B (pulizie giornaliere, colazione, cambio biancheria continuo, reception, ecc.).

Questo significa che, in assenza di divieti specifici, l’affitto breve è da considerarsi un utilizzo lecito del proprio immobile, rientrante nel diritto di godimento del proprietario.

Tuttavia, esistono limiti legali e situazioni da tenere presenti. Scopri tutte le differenze nel nostro articolo sulle case vacanze.

Un altro limite legale generale riguarda le immissioni moleste e la sicurezza. Chi affitta a terzi, sebbene in buona fede, deve assicurarsi che gli ospiti rispettino le normative in materia di rumore, igiene e buon vicinato. I vicini, infatti, possono agire legalmente contro il proprietario nel caso in cui gli affitti brevi si traducano in disturbo della quiete, degrado o problemi di sicurezza superiori alla normale tollerabilità (si pensi a schiamazzi notturni continui, danni nelle parti comuni, o situazioni di pericolo).

In base all’art. 844 del Codice Civile, le immissioni (rumori, odori, ecc.) non devono superare la normale tollerabilità: se gli ospiti di un appartamento violano sistematicamente questa soglia, il proprietario può essere chiamato a risponderne e a far cessare tali comportamenti. In casi estremi, l’autorità pubblica può intervenire (ad esempio per schiamazzi notturni reiterati possono essere chiamate le forze dell’ordine, e se si configurano reati come il disturbo del riposo delle persone, si può procedere con denunce).

Riassumendo: la legge italiana consente gli affitti brevi in condominio, in quanto esercizio del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica, ma sempre nel rispetto delle norme di sicurezza e quiete pubblica e a condizione che l’attività non sconfini nell’impresa ricettiva non autorizzata. Inoltre, come vedremo, il tutto è subordinato all’eventuale presenza di limitazioni imposte dal regolamento condominiale.

 

Il ruolo del regolamento condominiale

Nel contesto condominiale, il regolamento di condominio gioca un ruolo chiave nel disciplinare (o limitare) gli affitti brevi. Bisogna anzitutto distinguere tra due tipi di regolamento condominiale: contrattuale e assembleare.

Il regolamento contrattuale (o convenzionale) è quello predisposto dall’originario costruttore o proprietario unico dello stabile e accettato da tutti gli acquirenti all’atto di acquisto, oppure approvato successivamente all’unanimità da tutti i condomini. Ha natura di accordo contrattuale vincolante per tutti i proprietari (presenti e futuri) e può contenere limitazioni all’uso delle proprietà esclusive, purché siano formulate in modo chiaro e sottoscritte da ogni proprietario.

In altre parole, attraverso un regolamento contrattuale i condomini possono autolimitare consensualmente alcuni diritti individuali, ad esempio inserendo clausole che vietano determinate attività negli appartamenti privati.

  • Il regolamento assembleare, invece, è deliberato a maggioranza dall’assemblea (maggioranza degli intervenuti che rappresenti almeno la metà dei millesimi, ex art. 1136 c.c.). Questo tipo di regolamento non può incidere sui diritti individuali dei condomini né sulle destinazioni d’uso delle proprietà esclusive. Esso tipicamente disciplina solo l’uso delle parti comuni, la ripartizione delle spese, le norme di convivenza (es. orari del silenzio, uso ascensore, decoro, ecc.). Non è legittimo, quindi, che un regolamento assembleare introduca divieti o limitazioni sostanziali al diritto del proprietario di affittare il proprio immobile. Un’assemblea condominiale non può a maggioranza vietare gli affitti brevi in un’unità privata, poiché ciò inciderebbe sul diritto di proprietà di un singolo – cosa possibile solo con il consenso unanime degli interessati.

Considerata questa distinzione, quali limitazioni può imporre un regolamento condominiale sugli affitti brevi? Se si tratta di regolamento contrattuale, esso può legittimamente contenere clausole che vietano o restringono le locazioni brevi.

Ad esempio, alcune clausole (sempre più diffuse nei nuovi condomìni) stabiliscono che “È vietato locare le unità immobiliari per periodi inferiori a 30 giorni”, oppure che “Sono vietati l’esercizio di attività di bed & breakfast, affittacamere, pensione o casa vacanze nello stabile”.

Tali clausole sono valide se parte di un regolamento contrattuale approvato da tutti. Dunque, un proprietario che abbia accettato all’atto di acquisto un regolamento con simili divieti non potrà affittare la propria casa per brevi periodi, pena la violazione di un obbligo contrattuale verso gli altri condomini.

La Corte di Cassazione ha più volte confermato la legittimità di clausole regolamentari che limitano l’affitto a tutela della tranquillità comune, purché approvate all’unanimità e formulate in modo chiaro. In particolare, una sentenza del 2019 ha ribadito che qualsiasi clausola del regolamento che limiti la libertà del proprietario di affittare l’immobile deve essere stata accettata da tutti i condomini (Cass. civ. 19212/2019).

Se invece un simile divieto è contenuto in un regolamento assembleare approvato a maggioranza, esso non avrà efficacia nei confronti del dissenziente. Ad esempio, se l’assemblea vota a maggioranza una modifica regolamentare che “vieta nel condominio gli affitti turistici brevi”, il proprietario contrario potrà impugnarla e con ogni probabilità farla annullare, perché il provvedimento non rispetta i limiti di legge (incide su un diritto individuale senza consenso unanime). In pratica, per vietare l’affitto breve in condominio occorre un regolamento di natura contrattuale o una delibera unanime; non è sufficiente una semplice decisione di maggioranza.

Va notato che molti regolamenti condominiali (specie quelli più datati) non menzionano esplicitamente gli “affitti brevi”, poiché concepiti in epoche in cui questo fenomeno non esisteva. Spesso tali regolamenti si limitano a vietare generiche “attività di pensione, albergo o affittacamere” oppure a stabilire che le unità sono destinate a “solo uso civile abitazione”. L’interpretazione di queste clausole in rapporto agli affitti brevi può risultare problematica.

Ci si chiede: affittare a turisti per pochi giorni equivale a svolgere un’attività alberghiera o commerciale? Oppure è semplicemente un uso abitativo temporaneo?

La giurisprudenza ci offre indicazioni interessanti al riguardo (che vedremo a breve). In generale, clausole ambigue o generiche vengono interpretate in modo restrittivo: per escludere davvero il diritto del proprietario di affittare per brevi periodi, il divieto deve essere espresso chiaramente.

Ad esempio, se il regolamento vieta “attività di pensione o locanda”, ci si domanderà se un semplice affitto turistico, privo di servizi, rientri in tale divieto. Spesso i giudici hanno ritenuto di no, distinguendo tra l’attività imprenditoriale di tipo alberghiero (effettivamente vietata) e la mera locazione breve di natura abitativa (consentita). D’altro canto, se il regolamento (contrattuale) indica esplicitamente il divieto di affitti inferiori a una certa durata (es. “vietato l’affitto a giornata”), tale clausola sarà presumibilmente ritenuta valida e applicabile, essendo frutto del consenso unanime dei condomini.

In sintesi, il regolamento condominiale può disciplinare gli affitti brevi solo entro certi limiti. Il caso più forte è quando esiste già un divieto esplicito in un regolamento contrattuale: in tal caso il proprietario dovrà rispettarlo. In mancanza di un divieto chiaro e contrattuale, prevale la libertà del proprietario di affittare; eventuali norme assembleari contrarie non lo possono obbligare a cessare l’attività, salvo intervento di un giudice in casi di abuso.

 

Cosa possono (e non possono) fare i condòmini e l’amministratore

Cosa succede in concreto quando, in un condominio, un appartamento viene adibito ad affitti brevi? Quali poteri hanno i vicini e l’amministratore per intervenire, e quali sono invece i limiti da non oltrepassare?

In assenza di un divieto regolamentare specifico, i condòmini non possono impedire al proprietario di avviare l’attività di affitto breve. Non è richiesta per legge alcuna autorizzazione assembleare per affittare a terzi a scopo abitativo. Quindi i vicini non hanno un “diritto di veto” automatico sull’iniziativa del proprietario. Tentare di bloccare l’ingresso degli ospiti o ostacolare l’attività senza base giuridica potrebbe anzi configurare un illecito (interferenza nel diritto di proprietà altrui).

Tuttavia, i condòmini hanno il diritto di esigere il rispetto delle regole di convivenza. Ciò significa che se gli ospiti dell’affitto breve disturbano la quiete, danneggiano parti comuni, non rispettano gli orari di silenzio, lasciano sporco o violano altre norme condominiali, i vicini possono (e devono) segnalarlo all’amministratore e, nei casi opportuni, pretendere provvedimenti. L’amministratore, dal canto suo, ha il dovere di far rispettare il regolamento condominiale anche nei confronti degli inquilini temporanei. Egli può richiamare formalmente il proprietario affinché imponga ai propri ospiti il rispetto delle regole (quiete, decoro, raccolta rifiuti, ecc.), e può comminare sanzioni se previste. La legge (disp. att. c.c. art. 70) consente all’assemblea di deliberare multe fino a 200 euro (e fino a 800 euro in caso di recidiva) per le infrazioni al regolamento. Ad esempio, se più volte gli ospiti dell’appartamento X vengono sorpresi a far rumore a notte fonda violando il regolamento, l’assemblea – su proposta dell’amministratore – può deliberare una sanzione pecuniaria a carico del proprietario di X.

In situazioni estreme, i condomini (o l’amministratore) possono adire le vie legali. La Cassazione ha stabilito che il condominio può chiedere in tribunale la cessazione di un uso improprio dell’immobile che violi il regolamento, coinvolgendo sia il proprietario sia l’inquilino.

Se un appartamento viene utilizzato in modo contrario ai divieti regolamentari (ad esempio, svolgendo un’attività di B&B imprenditoriale dove il regolamento contrattuale lo vieta), l’assemblea può deliberare di agire giudizialmente per far cessare tale attività. Il proprietario, in questi casi, risponde anche dei comportamenti del suo inquilino: se l’ospite causa molestie o infrange le regole condominiali, il padrone di casa ha l’obbligo di intervenire (fino a sfrattare l’inquilino, se necessario) per far cessare gli abusi.

In mancanza di intervento, il condominio può chiedere il risarcimento dei danni al proprietario stesso. Va detto che, giuridicamente, anche l’inquilino temporaneo risponde in prima persona di violazioni e danneggiamenti: egli non può ritenersi esente dall’osservanza del regolamento. Una sentenza ha affermato che il condominio può rivolgersi direttamente al conduttore per far cessare usi impropri o violazioni delle clausole limitative del regolamento, dato che “il conduttore non può trovarsi in una posizione differente rispetto al locatore”.

Ciò significa che, ad esempio, se il regolamento vieta di tenere animali o di fare feste notturne, tale divieto vincola sia i proprietari sia gli eventuali affittuari brevi.

Cosa non possono fare, invece, i vicini e l’amministratore? Non è lecito porre in essere azioni arbitrarie o moleste verso il proprietario o i suoi ospiti. Ad esempio, cambiare la serratura del portone per impedire l’accesso agli inquilini temporanei, o interrompere servizi essenziali (come l’ascensore o l’acqua) all’appartamento affittato, sarebbero comportamenti illegittimi e passibili essi stessi di azione legale.

Il dialogo e le vie legali ordinarie sono le uniche strade: l’amministratore non può “cacciare” fisicamente gli ospiti, né i condomini possono invadere la privacy del proprietario pretendendo di sapere arbitrariamente chi entra ed esce (fermo restando, come detto, il dovere del proprietario di comunicare le presenze alle autorità di Pubblica Sicurezza). Per bilanciare sicurezza e privacy, è tuttavia riconosciuto che l’amministratore, ove occorra, possa richiedere al proprietario i dati degli affittuari presenti, anche di quelli con contratto breve, per effettuare le necessarie verifiche di sicurezza. Questo potere va usato con cautela e solo se vi sono concreti motivi (ad esempio indagini su furti o danni avvenuti nel condominio in concomitanza della presenza di certi ospiti).

In definitiva, i condomini possono far valere i propri diritti richiedendo il rispetto delle regole e, se esistono divieti nel regolamento, pretendendone l’osservanza anche in giudizio. Non possono però improvvisare forme di “giustizia privata” o vietare discrezionalmente l’uso legittimo dell’altrui proprietà. Dal canto suo, il property manager o proprietario farebbe bene a collaborare attivamente con l’amministratore e i vicini, mostrando disponibilità a risolvere eventuali problemi sul nascere – come vedremo nella sezione sulle buone pratiche.

Le tensioni condominiali possono nascere quando gli affitti brevi creano un via vai di ospiti e potenziali disagi. Un buon amministratore agisce da mediatore, facendo rispettare il regolamento senza ledere i diritti dei proprietari.

 

Casi giurisprudenziali rilevanti

Negli ultimi anni, numerosi casi sono finiti davanti ai giudici, contribuendo a chiarire i confini tra affitti brevi consentiti e attività vietate in condominio. Vediamo alcune sentenze chiave che ogni property manager dovrebbe conoscere:

  • Cassazione Civile, sent. n. 22711/2017: ha stabilito che, per vietare un’attività ricettiva in condominio (es. affitto turistico), questa deve essere espressamente menzionata nel regolamento condominiale. Una clausola generica non basta: se il regolamento non parla chiaramente di “affitti brevi” o simili, i condomini non possono farvi rientrare forzatamente tale divieto.
  • Cassazione Civile, sent. n. 24707/2014: ha affermato che affittare per brevi periodi un appartamento non comporta un mutamento della destinazione d’uso abitativa dell’immobile. In pratica, l’attività di locazione breve rimane nell’alveo dell’uso residenziale e non richiede cambi di categoria urbanistica o catastale, né può essere contestata come uso “diverso” se svolta in forma non imprenditoriale. Nella stessa pronuncia, la Corte ha riconosciuto che ospitare persone a pagamento in un alloggio residenziale è legittimo senza necessità di autorizzazione assembleare, non arrecando di per sé pregiudizio agli altri condomini.
  • Cassazione Civile, sent. n. 704/2015: in apparente contrasto con la precedente, questa sentenza ha enfatizzato l’importanza della volontà espressa nel regolamento contrattuale. In quel caso, la Corte ritenne che se un regolamento convenzionale ammette solo l’uso esclusivo abitativo degli immobili (formulazione molto restrittiva), allora l’attività di B&B può considerarsi incompatibile con tale volontà contrattuale. In altre parole, se tutti i condomini hanno pattuito di destinare le unità unicamente ad abitazione propria (escludendo usi a terzi), farne un B&B – anche senza servizi aggiuntivi – violerebbe il patto. Questa posizione però è stata in parte superata da pronunce successive di merito.
  • Tribunale di Milano, sent. n. 11275/2018: ha affrontato proprio il tema dell’interpretazione del regolamento. Il caso riguardava una clausola che vietava solo attività “equiparabili a quelle alberghiere”. Il Tribunale ha stabilito che l’attività di casa vacanze senza servizi accessori (cioè limitata a offrire un alloggio arredato e utenze, senza pulizie quotidiane o reception) non viola un regolamento di quel tipo. Mettere a disposizione l’appartamento per brevi periodi è stato ritenuto compatibile con il divieto di attività alberghiere, proprio perché manca quell’organizzazione imprenditoriale tipica dell’albergo. Questa sentenza fornisce un criterio pratico: contano i servizi offerti. Se il proprietario si limita a locare, resta nell’uso abitativo; se gestisce la casa come un piccolo hotel (con servizi, cambio biancheria come standard, personale fisso), allora scatta la qualifica di attività ricettiva, vietata se il regolamento lo prevede.
  • Tribunale di Torino, sent. n. 1161/2025 (10 marzo 2025): caso recentissimo in cui un condominio “signorile” contestava a un proprietario l’uso dell’appartamento per affitti turistici di 3-4 giorni medi, appellandosi al regolamento contrattuale che consentiva solo abitazioni, uffici e studi professionali, e vietava espressamente alberghi, pensioni, locande e affittacamere. Il Tribunale ha dato ragione al proprietario: ha chiarito che il divieto di esercitare attività di tipo alberghiero non impedisce di per sé la locazione breve sotto i 30 giorni. La chiave di volta, anche qui, è stata la distinzione tra attività alberghiera e locazione turistica. Il giudice ha sottolineato che l’affitto breve soddisfa esigenze abitative temporanee e non include quei servizi tipici dell’hotel (pulizia giornaliera, colazione, cambio lenzuola regolare, reception continua). Nel caso specifico, è emerso che gli ospiti accedevano autonomamente con chiavi proprie, non c’era personale fisso né portineria dedicata, le pulizie e i cambi biancheria avvenivano solo a richiesta e a pagamento extra. Anche il fatto che l’appartamento fosse pubblicizzato online con un nome “da B&B” non è bastato a qualificarlo come tale. In conclusione, il Tribunale ha ritenuto che vietare “alberghi e affittacamere” in regolamento non significa vietare la semplice locazione breve effettuata in modo non professionale.
  • Tribunale di Roma, sent. n. 1271/2024: questa sentenza, più che sulla liceità, si è concentrata sulle conseguenze pratiche degli affitti brevi per il condominio. È stato riconosciuto che un appartamento destinato ad attività ricettiva breve vede un passaggio di persone molto più intenso di una normale abitazione privata, con maggior utilizzo di ascensori e spazi comuni, spesso causa di maggior usura, sporcizia e interventi di manutenzione. Nel caso esaminato, erano documentati ripetuti guasti dell’ascensore e costi extra di pulizia delle scale attribuiti al continuo via vai di turisti. Il Tribunale ha osservato che, in situazioni simili, è equo che il proprietario locatore si faccia carico dei maggiori oneri economici derivanti dall’attività da lui svolta. Ciò potrebbe tradursi in un aumento delle spese condominiali a suo carico o in un risarcimento verso il condominio, qualora si dimostri che l’incremento di costi è conseguenza diretta degli affitti brevi. Questa pronuncia ricorda al property manager l’importanza di minimizzare l’impatto dell’attività sul condominio, per evitare di incorrere in richieste economiche o lamentele fondate.

Questi esempi giurisprudenziali mostrano come, pur in assenza di una legge nazionale ad hoc sugli affitti brevi in condominio, l’orientamento sia chiaro: la locazione breve è lecita, ma va armonizzata con le regole condominiali e gestita in modo da non pregiudicare gli altri.

Buone pratiche per una convivenza serena

Infine, vediamo alcune buone pratiche che un property manager professionista dovrebbe adottare per evitare conflitti con il condominio e garantire una convivenza serena. Si tratta di consigli concreti, frutto dell’esperienza comune e in parte suggeriti anche dalla giurisprudenza e dagli operatori del settore:

  • Conoscere e rispettare il regolamento condominiale: Prima di attivare un affitto breve in un nuovo stabile, leggi attentamente il regolamento di condominio. Verifica se esistono clausole specifiche che vietano o limitano le locazioni brevi. In caso affermativo (soprattutto se è un divieto contrattuale chiaro), valuta seriamente di non intraprendere l’attività in quello stabile, oppure di discuterne con i condomini per cercare un accordo (anche se modificare un regolamento contrattuale richiede l’unanimità).
  • Comunicare con l’amministratore e i condomini: La trasparenza paga. È buona norma informare l’amministratore (e magari i vicini direttamente confinanti) del fatto che intendi affittare l’appartamento a turisti. Presentati, spiega che terrà sotto controllo la situazione, fornisci i tuoi recapiti per qualsiasi emergenza o disturbo.
  • Prevedere clausole contrattuali e regole per gli ospiti: Inserisci sempre, nel contratto di locazione breve o nel regolamento della casa che fornisci agli ospiti, una clausola che impone il rispetto del regolamento condominiale. Fornisci agli affittuari una copia (o un estratto) delle principali regole condominiali: orari del silenzio, divieto di feste, uso corretto di ascensore e parti comuni, raccolta differenziata, divieto di fumare nelle aree comuni, ecc. Fai firmare agli ospiti tale regolamento interno, così da avere prova di averli informati.
  • Selezione e gestione degli ospiti: Come property manager, hai interesse a selezionare con cura i tuoi ospiti per ridurre il rischio di problemi. Puoi prevedere, ad esempio, un limite al numero di persone che alloggiano (in base alla capienza adeguata dell’immobile), scoraggiare espressamente eventi o feste (molte piattaforme già vietano le “party house”), preferire prenotazioni di famiglie, coppie o viaggiatori con profili verificati.
  • Minimizzare l’impatto sull’edificio: Adotta accorgimenti operativi per ridurre al minimo i disagi al condominio. Ad esempio, organizza il check-in/out in orari diurni o comunque non notturni (evitando arrivi rumorosi a mezzanotte). Se possibile, scagliona le pulizie e i cambi in modo da non monopolizzare ascensore o spazi comuni in orari di punta. Assicurati che il personale di pulizia sia discreto e lasci sempre pulito l’androne e l’ascensore dopo aver trasportato lenzuola o materiali. Potresti dotare l’appartamento di tappeti fonoassorbenti o feltrini sotto le sedie per ridurre rumori da calpestio. Insomma, dimostra coi fatti che tieni al quieto vivere tanto quanto i residenti stabili.
  • Gestione dei rifiuti e decoro: I turisti spesso non conoscono le modalità di raccolta differenziata locali o dove siano collocati bidoni e cassonetti. Prepara un semplice vademecum nell’appartamento che illustri come smaltire i rifiuti, i giorni di raccolta porta a porta (se presenti) o le regole di condominio (es. “non lasciare immondizia sul pianerottolo”).
  • Intervieni subito ai primi segnali di problema: Se, nonostante le precauzioni, un vicino ti segnala un comportamento scorretto di un ospite (ad es. musica alta a tarda ora), intervieni immediatamente. Contatta l’ospite ricordandogli le regole, e se necessario recati di persona.
  • Partecipa alla vita condominiale: Anche se tu (property manager) potresti non risiedere nell’edificio, incoraggia il proprietario a mantenere un dialogo con gli altri condomini. Ad esempio, presenziare alle assemblee condominiali (quando all’ordine del giorno ci sono temi che lo riguardano, come le locazioni brevi) per ascoltare le preoccupazioni dei vicini e mostrare disponibilità a collaborare.
  • Adeguarsi alle normative locali e future: Il panorama normativo sugli affitti brevi è in continua evoluzione, specialmente in città turistiche. Alcuni comuni – come Firenze, Venezia, Roma – hanno introdotto o stanno introducendo limitazioni amministrative (es. divieti di nuovi affitti brevi in centro, registri obbligatori, tetti al numero di appartamenti affittabili, ecc.). Un property manager accorto deve tenersi aggiornato su queste normative locali e adempiere subito a eventuali obblighi (registrazioni, pagamento di imposte di soggiorno, esibizione del CIR – Codice Identificativo Regionale – se richiesto, ecc.)

 

In conclusione, la convivenza tra affitti brevi e vita condominiale è possibile, ma richiede impegno e buon senso. Dal lato dei proprietari/gestori, significa operare con professionalità, nel rispetto delle regole e delle persone; dal lato dei condomini, significa essere disponibili a qualche compromesso e tollerare che l’uso legittimo della proprietà altrui comporti ogni tanto un turista in ascensore.

Come property manager, il vostro ruolo è proprio quello di mediatore e garante: da un lato massimizzare il rendimento dell’immobile, dall’altro assicurare che ciò avvenga senza turbare la pace condominiale.

Buon lavoro e buona convivenza!

 

Fonti:

  • Codice Civile e disposizioni di attuazione in materia condominiale (artt. 1138 c.c., 70 disp. att. c.c., ecc.).
  • Corte di Cassazione – sentenze n. 22711/2017, n. 24707/2014, n. 704/2015, n. 19212/2019, n. 11859/2011, n. 22665/2010.
  • Tribunale di Milano – sentenze n. 11275/2018 e n. 11784/2018. Tribunale di Roma – sent. n. 1271/2024. Tribunale di Torino – sent. n. 1161/2025.

 

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